Descrizione
Nel corso delle cicliche ondate emergenziali, che scandiscono la tradizione ordinamentale italiana, la dicotomia diritto penale del cittadino/del nemico viene risolta distogliendo l’attenzione dal primo e ponendo l’accento sul secondo dei due concetti, implicante, quest’ultimo, esclusive funzioni securitarie, piuttosto che la riaffermazione dei valori giuridici. Dalla dimensione penalistica vengono, in tal modo, allontanate le garanzie fondamentali dell’individuo, che le moderne democrazie costituzionali, perlomeno a livello declaratorio, affermano.
La perenne ricerca di un nemico/tipo d’autore da neutralizzare caratterizza storicamente, secondo una visione assolutistica, l’intero sistema penale, ovvero non manca di fornirne, alla luce di una più cauta tesi, esempi eloquenti connotanti la tradizione punitiva italiana.
Il delitto politico, in generale, e quello di associazione sovversiva, eversiva o terroristica, in particolare, sono funzionali a siffatte pretese repressive. La costruzione della figura del “terrorista”, interno o internazionale, dapprima incluso nel modello di incriminazione associativo, successivamente sganciato da esso, rilancia le ambizioni di un diritto penale dell’autore orientato alla lotta al nemico. Il Tätertyp, facendo leva sull’allarme sociale, insinuato nel sentimento collettivo dagli attori istituzionali, si impone come criterio di attribuzione della responsabilità, al pretestuoso fine di ovviare alle esigenze di una sicurezza, che, lungi dal garantire il singolo, svolge uno storico ruolo di esclusione dalle sfere decisionali di crescenti fasce di individui. Le istanze securitarie, dominanti presso qualunque forma ordinamentale, si pongono come tramite tra pensiero liberale e società globalizzata.
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