Descrizione
Perché mai lo scultore avrebbe bisogno di digrossare il blocco di marmo che un altro artista, la natura, ha già a suo modo informato? L’arte dell’uomo parla forse un linguaggio diverso da quello della natura? L’unica soluzione potrebbe essere quella di attribuire all’artista plotiniano una responsabilità ed uno specifico ruolo nel mondo degli uomini: quello di riuscire a rendere percepibile il Bello intelligibile anche a quanti non riescono a coglierlo, come fa lui, nella propria mente. La bellezza della natura sarebbe ancora un’opera umanamente incompiuta, non certo per il vero artista ma per quanti fruiscono dell’arte, che hanno bisogno di percepire con i loro sensi la bellezza nella natura, che è bellezza eidetica e che, in quanto tale, solo il vero artista riesce a cogliere e a portare totalmente fuori. La creatività del genio non è dunque anarchica, non frivola, non decadente; e non genera nemmeno artifizi ingannatori poiché ha il potere anzi di disvelare e di diffondere la verità che è nella Bellezza: dal miracolo dell’intuizione dell’idea consegue la disciplina della responsabilità, della militanza quasi “civile” che fa dell’artista plotiniano un cittadino di questo mondo, il quale combatte quanti da esso vorrebbero fuggire e dimostra con tutto se stesso che quanto molti attendono con impazienza lassù è già qui in mezzo a noi e lo sarà per sempre. La teoria estetica di Plotino si rivela alla fine non già un evangelo mistico, ma un velleitario progetto culturale fondato sull’arte e sul suo potere didascalico, un progetto che il filosofo avrebbe sicuramente tentato di attuare, se mai fosse riuscito a fondarla, nella sua Platonopoli, tradendo forse Platone nella misura in cui avrebbe affidato agli artisti il ruolo dal grande maestro assegnato ai filosofi nella sua Città ideale.
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